"Let it snow, let it snow, let it snow!" recita una famosissima canzone di natale, scritta nel 1945 che riempie le nostre case in festa anche oggi.
Stamattina stavo studiando dei brani da cantare, quando mi arriva sul cellulare un sms di mia madre che scrive: "Nevica!!!". Tutta agitata, sono corsa in camera mia, ho aperto la finestra che dà sul balcone e mi sono precipitata fuori; sono rimasta incantata dai fiocchi che scendevano proprio come una bambina, incurante del freddo e della possibilità di farmi venire un accidente.
Dovete sapere che nella mia città non vediamo spesso la neve, pur abitando nel nord dell'Italia; per noi è quasi un evento che capita una, massimo due volte l'anno.
Deve essere invece nevicato molto nel 1868 nella campagna di Etrètat quanto Claude Monet decide di dipingere questa tela, ora custodita nel musèe d'Orsay, a Parigi:
Claude Monet, La gazza, 1868-1869 |
Nel quadro, la neve avvolge qualsiasi forma di vita, rendendo il paesaggio addormentato. La neve abbraccia la terra, coprendola come una coperta di lana spessa, proteggendo la vita al di sotto per difenderla dal gelo dell'inverno e conducendola per mano attraverso i mesi freddi, fino al tepore della primavera.
Non ci sono colori nel dipinto di Monet: solo bagliori, riflessi argentei e le pallide ombre disegnate dalla luce di un sole intimidito dal freddo.
La scena è muta, il silenzio che la pervade sembra entrare anche nelle nostre ossa; non ci sono note, e neanche respiri; l'unica forma di vita che pare contrastare con tutto ciò è la gazza, appollaiata sulla porta malandata dello steccato che divide il primo piano dal resto del paesaggio.
Anche la gazza, tuttavia, non canta, assuefatta dal silenzio e dalla quiete del mondo che la circonda.
Ugualmente silenziosa è la scena tratteggiata da James Joyce nel suo racconto The Dead, scritto nel 1914 e pubblicato nella famigerata raccolta Dubliners:
His own identity was fading out into a
grey impalpable world: the solid world itself,
which these dead had one time
reared and lived in, was dissolving and
dwindling.
A few light taps upon the pane made him
turn to the window. It had begun to snow
again. He watched sleepily the flakes, silver
and dark, falling obliquely against the
lamplight. The time had come for him to
La sua stesssa identità stava scomparendo in un
un mondo grigio ed impalpabile: il mondo reale stesso,
in cui questi morti erano una volta
cresciuti e vissuti, si stava dissolvendo e
scomparendo.
Alcuni leggeri colpetti contro il vetro lo fecero
voltare verso la finestra . Aveva cominciato a nevicare
nuovamente. Osservava assonnato i fiocchi, argentati
ed oscuri, cadere obliquamente contro i
lampioni. Era giunto il tempo per lui di
set out on his journey westward. Yes, the
newspapers were right: snow was general
all over Ireland. It was falling on every part
of the dark central plain, on the treeless hills,
falling softly upon the Bog of Allen
and, farther westward, softly falling
into the dark mutinous Shannon waves.
It was falling, too, upon every part of the
lonely churchyard on the hill where Michael
Furey lay buried.
It lay thickly drifted on the crooked crosses and
headstones, on the spears of the little gate, on
the barren thorns.
His soul swooned slowly as he heard
the snow falling faintly through the universe and
faintly falling, like the descent of their
last end, upon all the living and the dead.
partire per il suo viaggio all’ovest. Sì, i
giornali avevano ragione: la neve era generalizzata
su tutta l’Irlanda. Stava cadendo su ogni parte
della oscura pianura centrale, sulle colline senza alberi,
cadendo soavemente sul Bog of Allen
e, più lontano verso ovest, delicatamente cadendo
nelle oscure onde rivoltose dello Shannon.
Stava cadendo, pure, su ogni parte del
solitario cimitero sulla collina dove Michael
Furey giaceva sepolto.
La neve giaceva, fitta, sopra le croci inclinate e
(sulle) pietre tombali, sulle lance del cancelletto, sugli
spogli roveti.
La sua anima svaniva lentamente mentre udiva
la neve cadere leggermente attraverso l’universo e
cadere soavemente, come la discesa della loro
ultima fine, su tutti i vivi ed i morti.
La neve cade inesorabilmente, sui vivi e sui morti. La neve non fa distinzioni. Essa cade, punto e basta. Cade sulle case, sulle strade, sulle piazze dei vivi e cade sulle croci, sulle pietre tombali, sulle iscrizioni dei morti. Gabriel, il protagonista del racconto, vive quest'evento come un'esperienza di "Paralysis", tema assai ricorrente nelle opere di James Joyce. Egli si sente bloccato, "paralizzato" appunto, in una vita che riconosce come non sua veramente , in una vita che non ha mai vissuto appieno. Ma la neve gli ricorda che, comunque vada, qualsiasi decisione egli prenda, non v'è differenza tra il mondo dei vivi e quello dei morti: la neve cadrà comunque inesorabilmente.
Vorrei lasciarvi con questa melodia, che a me ha sempre ricordato la danza dei fiocchi di neve che cadono dal cielo, si librano nell'aria gelida ed infine si posano a terra con la grazia di una "Fata Confetto"...
"Tchaikovsky, Suite da "Lo Schiaccianoci" - Danza della fata confetto"
Buona giornata!
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