domenica 28 dicembre 2014

Il ruolo dello scrittore

Buon pomeriggio a tutti,
mi piacerebbe oggi proporvi una riflessione su un tema che personalmente mi sta veramente a cuore: la scrittura. 

Facendo zapping poco prima di pranzo, sono capitata sul programma di una rete semi-sconosciuta, chiamato "Il club del libro", o qualcosa di simile. Ora, premettendo che fare zapping è un'attività che detesto, ma che puntualmente mi ritrovo a fare quando sono in preda alla noia e non ho nient'altro di meglio a cui dedicarmi (orrore!), devo dire che oggi sono stata particolarmente fortunata.

C'era infatti un'intervista di qualche minuto allo scrittore Gianrico Carofiglio, magistrato barese nonchè scrittore di successo, autore della serie di romanzi che raccontano la vita dell'avvocato Guido Guerrieri (qui trovate il suo sito internet). Devo ammettere che io lo conosco solamente per "sentito dire": i miei genitori sono fan dei suoi libri, ma io non ho mai avuto il piacere di leggerne uno.

Ebbene, nell'intervista in questione, Carofiglio rispondeva ad una domanda molto precisa: 
Lo scrittore è portatore di un messaggio? Cerca di comunicarlo ai suoi lettori e, se sì, in che modo?
La sua risposta mi ha molto colpita:
No, non credo che lo scrittore debba in ogni modo "trasmettere un messaggio". Citando un amico e scrittore canadese, direi: "Se lo scrittore deve mandare un messaggio, può andare in posta". Il compito dell'autore di narrativa è quello di raccontare delle storie. Belle storie, con personaggi interessanti,... Ma il romanzo deve solo limitarsi a quello, a raccontare una storia; poi, è chiaro, se la storia raccontata è "vera", è "reale", il messaggio il lettore può benissimo leggerlo da solo. Ma questo accade soltanto perchè la storia è veramente credibile, perchè per esempio chi legge può riconoscersi nei personaggi, o, al contrario, essere in totale disaccordo con loro. Ma non perchè lo scrittore ha deciso: "ora ho questo messaggio e ora decido di scrivere di questo, per trasmetterlo ai suoi lettori.
 Io credo di trovarmi in accordo con quanto riferito da Carofiglio, ma mi sono poi venute in mente le parole del buon Aristotele, che così affermava:
Tre sono i compiti di un discorso, docere (insegnare), delectare (divertire), movere (commuovere, smuovere qualcosa nell'anima).
Il primo dei tre compiti è proprio "docere", insegnare, trasmettere qualcosa.

 In effetti, noi tutti, al termine della lettura di un romanzo di narrativa, ci chiediamo quale sia la "morale", il messaggio in esso contenuto, l'insegnamento che il protagonista, attraverso 100, 300, 500 pagine di avventure, ha voluto che noi carpissimo.

Voi che cosa ne pensate? Mi piacerebbe conoscere il vostro parere.

Nel frattempo,
Buona serata,

Elisa

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